giovedì 31 maggio 2007

L'innovazione della Politica per una politica dell'innovazione

L’avvio della costruzione del nuovo Partito Democratico, consente oggi a molte persone, che come noi si riconoscono nei valori e nei principi del centro sinistra, di pensare, di nuovo o per la prima volta, ad una nuova fase della politica e del processo di partecipazione democratica. Uno dei messaggi fondamentali usciti dai congressi dei DS e della Margherita è stato: “da soli non bastiamo più”.

Ecco, noi vogliamo costruire una parte di nuova vitalizzazione della politica di centro sinistra nel nostro territorio, contribuendo a ciò che ci auguriamo accada in tutto il Paese, candidandoci a divenire “soggetto politico” nel percorso verso il nuovo partito.

L’idea è quella di una nuova importante aggregazione di persone e competenze portatrici di una nuova concezione della politica e dei partiti. Un’ idea che raccoglie ciò che oggi le “strutture” dei partiti tradizionali non sono in grado di raccogliere con efficacia: la disponibilità di migliaia di persone, ad iniziare o tornare a partecipare, contando.

Partecipare mettendo le proprie risorse ideali e le competenze culturali e professionali a supporto di una nuova politica, ma anche di una nuova etica della politica.

Persone in grado di cooperare, non per costruire una delle tante nuove “lobbies”, ma perché l’idea di uno sviluppo economico e sociale, di una qualificazione delle imprese, dei servizi, della Pubblica Amministrazione, basato sull’utilizzazione produttiva della conoscenza, dei saperi, della ricerca, non sia più solo uno slogan, ma divenga uno dei fattori fondanti del nuovo Partito Democratico.

C’è una difficoltà della politica attuale nell’affrontare con coraggio i temi cruciali delle riforme. Soli alcuni schematici esempi:

- non si afferma con convinzione una nuova idea del futuro, nel quale la conoscenza e l’innovazione siano motore dello sviluppo;

- non si riesce a comporre compiutamente una nuova idea di “impresa” creatrice di benessere e portatrice di valori sociali che pone al centro la qualità del lavoro, superando definitivamente una concezione dell’impresa come soggetto antitetico all’idea di democrazia, dalla quale possa prendere forza la stessa strategia delle liberalizzazioni.

- non si è in grado di affermare con nettezza il bisogno urgente di una riforma profonda e radicale di una Pubblica Amministrazione, in gran parte improduttiva, inefficacie ed inefficiente ed agire di conseguenza, come vorrebbe la stragrande maggioranza dei cittadini italiani.

Ecco perché c’è bisogno di persone nuove che condividano l’idea che i partiti così come sono non possono superare i limiti della loro capacità di rappresentanza, se non vengono fortemente riformati.

Ma non basta l’avvio dell’auto-riforma, né che siano cooptate forze nuove in schemi vecchi, è necessario invece che persone nuove, con una nuova concezione della politica, che non siano condizionate dalla necessità di auto-riproduzione di se stesse come gruppo dirigente, siano in grado di costituire una forza rilevante del e nel nuovo partito, divenendo esse stesse soggetto politico per parteciparlo e per contribuire a dirigerlo.

Questo crediamo sia il vero senso di una complementarietà tra vecchio e nuovo, tra politica e società civile, che non si contrappone e non vuole abolire il professionismo della politica, ma che invece si affianca ad esso per rivitalizzarlo, rinnovarlo e per porre le condizione affinché l’azione del nuovo Partito Democratico sia in grado di esaltare i contenuti, il merito, la professionalità, la conoscenza.

E’ così che, insieme, possiamo costruire una strategia ed una politica moderna ed innovativa per supportare le azioni di Governo ad ogni livello, che siano all’altezza dei bisogni di riforma del territorio e del paese, e in grado di essere apprezzate e sostenute dai cittadini.

Per questo fondiamo oggi, a Pisa e nella provincia, questo movimento che chiede adesioni perché “l’innovazione della politica produca una politica dell’innovazione”.

Contributo al blog di Elisabetta Fortunati

Cari amici,

Vi scrivo alcune riflessioni sull'incontro di mercoledì 25 luglio.

In quella sede, da profana della politica quale sono, ho preso atto di alcuni meccanismi e delle difficoltà che il nostro movimento potrà incontrare nel viaggio che ha intrapreso.

Da “istintiva” quale sono però, sento il bisogno di puntualizzare alcuni aspetti.

  1. LE REGOLE / IL SISTEMA.

Ritengo che lo sforzo di creare un partito nuovo, che non sia semplicemente la fusione dei vecchi ma un momento di rinnovamento vero, sia da prendere al volo (abbiamo concordato del resto che non ci capiterà, a breve, un altro momento così), pure nella consapevolezza che certi meccanismi sono duri a morire e troppo radicati per essere estromessi senza difficoltà. Ciò detto, questo non significa che non ci si debba almeno provare.

Personalmente ritengo un errore di valutazione "pensare" di muoverci secondo le “vecchie regole”: oltretutto secondo queste “regole” il nostro movimento è destinato a fallire ancora prima di nascere, come si è evinto dal nostro ultimo incontro. Personalmente non sono per le rivoluzioni, ma sono profondamente convinta che le cose si possano cambiare dall’interno.

E se si vuole DAVVERO cambiare qualcosa (badate bene, realisticamente dico solo QUALCOSA) occorre forzare, con sana caparbietà e determinazione, i vecchi "sistemi": essere realistici va bene, ma non più "realisti del re"! Come ha giustamente rilevato l'amico Alessandro Giari, di cui apprezzo fortemente la spinta innovativa connaturata al suo pensiero e al suo modo di agire, nessun cambiamento può essere fatto senza una qualche rottura: per questo il nostro movimento dovrebbe farsi simbolo e portavoce di questa volontà di cambiamento.

La nostra onestà intellettuale deve impedirci di vedere le riforme come autentiche se tali non sono o se lo sono solo in parte o solo nella forma: mi spiego meglio. Il segnale, pure positivo, di eleggere il segretario del nuovo partito attraverso il meccanismo delle primarie è un segnale positivo solo se lo è "effettivamente": ma se le candidature sono "blindate" (mentre quelle secondarie sono essenzialmente "civetta") allora è solo fumo negli occhi per quei cittadini assetati di novità e pulizia.

La giurisprudenza insegna che nessuna legge è davvero incisiva se non è applicata “effettivamente”: e la regola della "effettività" deve essere applicata a tutti i meccanismi che si vogliono riformare; diversamente, passatemi l’espressione folkloristica, è solo "aria fritta".

La gente è oramai disillusa, perché ha provato sulla propria pelle, cosa è e come si muove la politica, a tutti i livelli. Non riuscirà il nuovo partito ad attirare proseliti e consensi veri se comincerà, fin dal principio, a cadere su questi falsi riformismi. Il popolo della sinistra non si berrà anche questo calice: troppe delusioni hanno patito negli anni, troppa sete di nuovo e di pulito che non sarà soddisfatta con “liste miste” e “primarie blindate”.

E’ importante in questa fase liberarci dei vecchi indottrinamenti e della tradizionale impostazione per ritornare “bambini” e sforzarci di guardare al nuovo PD con maggior “candore” (pure con i debiti elementi di concretezza che abbiamo in quanto “adulti”).

Allo stesso modo e per lo stesso motivo, secondo me, è sbagliato concettualmente quanto è stato detto (mi perdonerà il collega che ha parlato di questo, ma non ricordo il suo nome) circa il fatto che ci sarà comunque una “lotta interna” poiché da due segretari ce ne sarà uno solo, e questo a partire dall'alto per arrivare fino alle scale gerarchiche più basse: non si può vedere la cosa in questi termini. Questa è la visione di chi vede il nuovo Partito Democratico come la fusione dei DS e della Margherita.

Ma non sono questi gli intenti proclamati e non è questo che la gente vuole.

Secondo me faremmo un grande errore di valutazione se lasciassimo che le cose vadano così, senza opporci.

2. IL MOVIMENTO.

Il nostro movimento è "significativo" non solo in termini strettamente numerici ma in quanto rappresentativo di un settore da cui la politica non può prescindere: l'economia.

Non siamo un semplice movimento culturale per il rinnovamento della politica e il nostro slogan non deve trarre in inganno, come ha giustamente evidenziato il prof. Bonaccorsi, il cui intervento ho molto apprezzato.

Dunque la nostra forza non è solo numerica (anche se il numero di adesioni è fondamentale per acquistare visibilità presso i centri di potere), ma soprattutto, QUALITATIVA.

Se riflettiamo sul fatto che il tessuto imprenditoriale italiano è composto per oltre l'80% da PMI, per la maggior parte bisognose di politiche specifiche che le sostengano nel loro sforzo di creare ricchezza e posti di lavoro, ecco che il nostro movimento deve poter essere ascoltato. Dobbiamo focalizzare maggiormente questo aspetto, altrimenti ci scambiamo, da soli, in uno dei tanti movimenti riformisti: così non è.

Il movimento che abbiamo costituito deve essere il nucleo principale da cui partiranno le adesioni di tutti quelli che pensano che qualcosa sta cambiando, su tutto il territorio.

  1. IL METODO.

Applicare regole nuove per ottenere nuovi e reali risultati è lo spirito del gruppo: questo è il nostro ruolo, quello che abbiamo scelto di fare. Non permettiamo che il nostro entusiasmo venga spento dalle regole dei partiti.

La gente è stanca di ascoltare proclami che poi cadono nel vuoto, sopraffatta dagli obsoleti dettami di una politica oramai senza credibilità: come possiamo noi essere credibili come “nuovi”, se poi per primi soccombiamo di fronte a quegli stessi meccanismi che ci proponiamo di abbattere e sostituire?

Armiamoci invece di fantasia: siamo per la maggior parte giovani imprenditori, abituati a creare qualcosa dal nulla, ad affrontare le difficoltà e le sfide, a non desistere fintanto che la sfida non sia vinta.

Io credo che ciascuno di noi abbia combattuto duramente per affermare le proprie idee imprenditoriali e che lo faccia quotidianamente.

Concludo:

Io raccoglierei gli spunti del prof. Bonaccorsi e di Alessandro Giari e, nella prossima riunione con il gruppo di coordinamento, butterei giù le azioni positive da fare, le metodologie da adottare, i soggetti da contattare per le adesioni, i ruoli e le funzioni da svolgere (chi fa cosa).

Ognuno di noi possiede una ricchezza da non sottovalutare: un network di contatti cui rivolgersi per creare adesioni e, dunque, visibilità.

Non intendo ovviamente convincere nessuno: avevo solamente piacere di far conoscere il mio punto di vista e le mie riflessioni a tutti gli aderenti il nostro movimento.

Cordialmente

Elisabetta Fortunati